| 

La Dea Hestia

Condividiamo con piacere questo articolo scritto da una nostra allieva del primo anno del percorso di Dea Serpente, dedicato ad un volto di Dea a lei caro.

Estia o Hestia, che in greco antico significa “focolare”, è la Dea greca del focolare e dell’ordine, protettrice della famiglia, della casa, del Tempio. Lei è il fuoco stesso, fiamma viva di rigenerazione e trasformazione continua. Il suo nome si riferisce a lei come la Dea “che dà fermezza”. Quindi è probabile che in origine fosse una personificazione della terra come trono fisso su cui gli Dei olimpici hanno costruito le loro dimore eterne e, per così dire, il focolare dell’universo, sopra il quale il fuoco dell’etere brucia. Tuttavia il suo significato come Dea della natura è nella mitologia greca passato in secondo piano.
Fu raramente rappresentata da pittori e scultori ma la sua presenza si avvertiva nella fiamma viva, posta al centro della casa, del Tempio e della città. Il simbolo di Estia era un cerchio. I suoi primi focolari quindi, erano circolari e così i suoi templi. Né abitazione né Tempio erano consacrati fino a che non vi aveva fatto ingresso Estia, che, con la sua presenza, rendeva sacro ogni edificio. Era una presenza avvertita a livello spirituale come Fuoco Sacro che forniva illuminazione, tepore, calore e protezione.
Secondo alcuni studiosi, le antiche sacerdotesse dunque, scoprirono l’uso del fuoco e lo trasmisero in ogni casa, creando un legame tra le diverse famiglie della tribù. Le sacerdotesse erano custodi del fuoco ma anche dell’ardore sessuale. Introducevano ai misteri del sesso i giovani uomini e si accoppiavano ritualmente per l’accrescimento della tribù. Non erano soggette ai maschi con alcun legame di tipo familiare/sociale per cui si chiamavano vergini, come Vergine era la loro Dea.
Estia era la primogenita di Rea (terra, fecondità) e di Crono (tempo), e ultima rinata dopo che Crono vomitò i suoi figli. Per diritto di nascita era una delle dodici maggiori divinità dell’Olimpo, dove tuttavia non abitava, cosicché non protestò quando Dioniso crebbe d’importanza e la sostituì nella cerchia dei dodici.
Poiché non si coinvolse nelle storie di guerra che hanno tanta parte nella mitologia greca, è la meno conosciuta fra le divinità greche più importanti.
Era tuttavia tenuta oggetto di grande venerazione non soltanto perchè era la più mite, onesta e caritatevole ma anche perchè inventò l’arte di costruire le case.
Come Artemide ed Atena, ha sempre resistito alle lusinghe amorose di Dei, Titani o altri. Infatti dopo la detronizzazione di Crono, quando Poseidone ed Apollo si fecero avanti come suoi pretendenti, essa giurò sulla testa di Zeus di rimanere per sempre vergine. Zeus grato per questo gesto la ricompensò assicurandole la prima offerta di ogni sacrificio pubblico poiché essa aveva salvato la pace sull’Olimpo.
La breve mitologia di Estia è riferita in tre inni omerici. Viene descritta come “la venerabile Vergine Estia”, una delle tre Dee che Afrodite non riesce a sottomettere, a persuadere, a sedurre o anche soltanto a risvegliare ad un piacevole desiderio. Per quanto diversa dalle altre due Dee Vergini (Artemide ed Atena), qualità fondamentali e impalpabili accomunavano le tre Dee Vergini, per quanto fossero diverse le loro sfere di interesse o le loro modalità d’azione. Tutte e tre erano
“complete” in se stesse, qualità che caratterizza la Dea Vergine. Nessuna di loro fu vittima di divinità maschili o di mortali. Ciascuna aveva la capacità di concentrarsi su quanto la interessava, senza lasciarsi distrarre dal bisogno altrui o dal proprio bisogno degli altri.
La leggenda delle proposte di matrimonio di Apollo e Poseidone nacque forse dal fatto che a Delfi le tre divinità venivano associate in un culto comune.
Il tentativo di stupro di Priapo ha un carattere aneddotico di avvertimento per chi pensi di abusare delle donne accolte in casa come ospiti, sotto la protezione del focolare domestico (persino l’asino simbolo di lussuria condanna la follia criminale di Priapo).
Il fuoco, di cui Estia era la personificazione, presto significò un fuoco sacrificale, com’era il focolare domestico di ogni abitazione. In tutta la Grecia, dove la famiglia era subordinata allo Stato, la vita si accentrava attorno al focolare domestico, considerato quindi altare sacrificale ad Estia e rappresentava la sicurezza familiare, la felicità, nonché i sacri doveri dell’ospitalità.
Perché una casa diventasse un focolare, era necessaria la sua presenza. Quando una coppia si sposava, la madre della sposa accendeva una torcia sul proprio focolare domestico e la portava agli sposi, nella nuova casa, perché accendessero il loro primo focolare. Questo atto consacrava la nuova dimora. Dopo la nascita di un figlio, aveva luogo un secondo rituale estiano. Quando il neonato aveva cinque giorni, veniva fatto girare intorno al focolare, come simbolo della sua ammissione nella famiglia. Anche nei riti funebri, per prima cosa il focolare domestico dedicato alla Dea veniva spento dai familiari del defunto e riacceso in seguito dai vicini al termine dei riti che potevano durare diversi giorni. Ogni evento speciale nella vita di una famiglia ha dato luogo ad un sacrificio fatto a Lei. Allo stesso modo, ogni città-stato greca, nell’ edificio principale, aveva un focolare comune dove ardeva un Fuoco Sacro. In ogni nuova comunità che veniva fondata si portava il Fuoco Sacro dalla città di origine per accenderlo nella nuova. Così, ogni volta che una coppia o una comunità si accingevano a fondare una nuova sede, Estia li seguiva come Fuoco Sacro, collegando la vecchia residenza con la nuova, forse come simbolo di continuità e di interdipendenza, di coscienza condivisa e d’identità comune.
L’arcaica immagine aniconica della Grande Dea, diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo orientale, pare fosse un bracere il cui fuoco era mantenuto vivo sotto un velo di cenere (mezzo di riscaldamento più semplice ed economico del tempo), non faceva né fumo né fiamma e la famiglia, oil clan, vi si raggruppava attorno durante le riunioni. A Delfi divenne l’omphalos o ombelico: lo si vede spesso nelle pitture vascolari greche e si supponeva fosse il centro del mondo. Su questo sacro oggetto di culto, scampato alla distruzione del Tempio, sta scritto il nome della Madre Terra (alto trenta centimetri e lungo quaranta, cioè la grandezza e forma di un bracere che possa riscaldare una grande stanza).
Estia compariva spesso insieme a Ermes, messaggero degli Dei, noto ai romani come Mercurio.
La prima sua effigie fu una pietra a forma di colonna, chiamata erma. Nelle case, il focolare rotondo di Estia era posto all’interno, mentre il pilastro fallico di Ermes si trovava sulla soglia. Il fuoco di Estia procurava calore e santificava la dimora, mentre Ermes rimaneva sulla soglia a portare fortuna e a tenere lontano il male. Anche nei templi queste due divinità erano legate l’una all’altra.
Così, nelle dimore e nei templi, Estia ed Ermes erano insieme ma separati. Ciascuno dei due
svolgeva una funzione distinta e preziosa.
Estia rendeva il luogo sacro, dove la famiglia si riuniva insieme, il luogo dove fare ritorno: casa.
Ermes dava protezione sulla soglia della porta ed era guida e compagno nel mondo, dove la
comunicazione, la capacità di orientarsi, l’intelligenza e la buona fortuna sono tutti elementi assai importanti.
Più tardi, nell’antica Roma, Estia fu venerata come la Dea Vesta.
Qui il suo Fuoco Sacro univa tutti i cittadini in un’unica famiglia e veniva custodito dalle Vestali, che dovevano incarnare la verginità e l’anonimato della Dea. In un certo senso, ne erano la rappresentazione umana, sue immagini viventi, al di là di ogni raffigurazione scolpita o pittorica.
Le fanciulle scelte come Vestali venivano portate al Tempio per i 30 anni di servizio in età molto giovane, per lo più quando non avevano ancora sei anni. Tutte vestite allo stesso modo, con i capelli rasati come neo iniziate, qualunque cosa le rendesse distinguibili e riconoscibili veniva eliminata.
Vivevano per lo più isolate dagli altri, erano onorate e tenute a vivere come Vesta. Il loro compito era di mantenere sempre acceso il Sacro Fuoco e di preparare gli ingredienti per qualsiasi sacrificio pubblico o privato. Rispetto alle altre donne romane potevano ereditare e lasciare testamento, muoversi liberamente per la città, dare la grazia ai condannati a morte, testimoniare senza giuramento ed erano mantenute dallo Stato. Ma se venivano meno alla cura perpetua del Fuoco Sacro di Vesta e alla verginità le conseguenze erano atroci. I rapporti sessuali della vestale con un uomo profanavano la Dea, e come punizione la vestale veniva sepolta viva in una piccola stanza sotterranea con una lucerna, un po’ d’olio, pane, latte, acqua e un posto per dormire. La terra soprastante veniva poi livellata come se sotto non ci fosse niente. In tal modo la vita della Vestale (che cessava di impersonare la Dea), veniva spenta gettandovi sopra la terra, come si fa per spegnere la brace ancora ardente del focolare.

Testo di Eleonora per il Tempio della Grande Dea Serpente-Hekate e Athena, vietato copiare senza consenso dell’autrice, gradita la condivisione.

Immagine di Yliade

Per scrivere questo articoli ho utilizzato come fonti “I miti greci” di Robert Graves, e i siti italiawiki.com, rapsodiamitologica.it, ilcerchiodellaluna.it, romanoimpero.com, il-matriarcato.blogspot.com.

Articoli simili

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *