Ipazia di Alessandria: la prima martire pagana

La storia di una Dama assai bella, assai virtuosa, assai istruita e perfetta sotto ogni riguardo, che venne fatta a pezzi dal Clero di Alessandria per compiacere l’Orgoglio, l’Emulazione e la Crudeltà del loro Vescovo, comunemente ma immeritatamente denominato San Cirillo”.

(Toland)

Ipazia, figlia di un celebre matematico e rettore dell’università di Alessandria di nome Teone, è stata una matematica, astronoma, filosofa greca e una donna forte, devota al culto degli antichi Dei. Nulla si conosce della madre, e il fatto che i saluti rivolti a Ipazia e agli altri famigliari nelle lettere del suo allievo Sinesio non la citino mai, fa ritenere che fosse già morta.Ipazia, nata ad Alessandria nella seconda metà del IV secolo (la maggior parte degli studiosi indica la sua nascita intorno al 370), fu istruita dal padre nelle scienze esatte, specialmente nell’astronomia e nella geometria, ma subì anche influenze teosofiche e occultistiche, frequentando la scuola neoplatonica di Alessandria.

Era infatti una seguace della filosofia neoplatonica, la principale esponente alessandrina della scuola neoplatonica, ma fu anche l’inventrice dell’astrolabio, del planisfero e dell’idroscopio, e la sua morte per mano dei monaci cristiani l’ha resa una martire dell’Antica Religione e della libertà di pensiero.

La maggior parte delle sue opere sono andate perdute, ma alcune copie sono state ritrovate nel Quattrocento nella Biblioteca Vaticana, cioè in casa dei suoi sicari. Le uniche notizie di prima mano su di lei ci vengono dalle lettere di Sinesio di Cirene, l’allievo prediletto di Ipazia che, dopo averla chiamata “madre, sorella, maestra e benefattrice”, forse tradì il suo insegnamento, diventando vescovo cristiano di Tolemaide.

Dopo la morte di Ipazia egli cercherà di fondere le dottrine gnostiche con quelle neoplatoniche, senza tuttavia perdere mai di vista la fondamentale concezione platonica alla quale si attenne da vicino in due opuscoli: Sugli Egizi, dove espose in forma allegorica le condizioni della corte di Costantinopoli, e Sui Sogni in cui sostenne la possibilità di servirsi del sogno a scopo divinatorio.

La corrente del neoplatonismo e la scuola neoplatonica

Come abbiamo avuto modo di vedere in precedenza, Ipazia era una seguace della filosofia neo-platonica. Ma cosa è il neoplatonismo?

Con questo termine si indicano le dottrine e le scuole platoniche sviluppatesi dal secolo III al VI e, precisamente, dalla fondazione della scuola di Alessandria nella prima età del secolo III, ad opera di Ammonio Sacca, alla chiusura della scuola di Atene da parte di Giustiniano, nel 529.

Il neoplatonismo nacque in un particolare momento storico, in cui l’uomo sembrava avvertire una profonda crisi interiore e si accorgeva della caducità della realtà sensibile. Era l’epoca del tardo ellenismo, un periodo di grandi difficoltà e sconvolgimenti, preludio della caduta dell’Impero romano, ma culturalmente fecondo per la varietà di correnti filosofiche e religiose da cui fu caratterizzato e per il fatto che proprio allora stava cominciando a diffondersi il messaggio cristiano mescolato ad altri culti.

Nel neoplatonismo infatti confluiscono e operano motivi e correnti diversi: i risultati del cosiddetto “medioplatonismo” del secolo II d.C., dove si era affermata l’interpretazione delle “idee” platoniche come “pensieri della mente divina”; il neopitagorismo, con la ripresa del significato metafisico e teologico della dottrina dei numeri in funzione di una concezione unitaria della realtà nella sua complessa struttura scalare e gerarchica; l’ebraismo ellenizzante di Filone, con la concezione del logòs (logica) quale espressione dell’attività divina e l’introduzione di “potenze” intermedie tra Dio e il mondo; un desiderio profondo di rinnovamento religioso e aspirazioni esoteriche nutrite di dottrine e forme di religiosità orientali. Proprio per questo il neoplatonismo è stato spesso considerato come una forma di eclettismo o sincretismo filosofico – religioso o addirittura di misticismo.

Tra le diverse scuole e i diversi momenti sussistono però notevoli differenze, pur nella presenza di alcuni elementi comuni di fondo come l’interpretazione del pensiero di Platone e l’attribuzione alla filosofia di un compito di rinnovamento morale e religioso. Per quanto riguarda la scuola di Alessandria, i cui discepoli più illustri furono Plotino e Longino (e che come accennato ebbe tra i suoi esponenti Ipazia), in base alle testimonianze le viene attribuita la tendenza a conciliare il pensiero di Platone con quello di Aristotele, superando le polemiche tra le rispettive scuole, e ad approfondire il rapporto tra intelligibile e sensibile, affermando la possibilità del primo di permanere e operare nel secondo, pur senza essere coinvolto in qualche forma di mutamento. Con Plotino e il suo insegnamento, il neoplatonismo trova la sua formulazione filosofica più alta e vigorosa.

Ipazia era la principale esponente alessandrina della scuola neoplatonica perché

era giunta a tanta cultura da superare di molto tutti i filosofi del suo tempo, a succedere nella scuola platonica riportata in vita da Plotino e a spiegare a chi lo desiderava tutte le scienze filosofiche. Per questo motivo accorrevano da lei da ogni parte tutti coloro che desideravano pensare in modo filosofico”.

In questo passo, Socrate Scolastico indica che ad Alessandria l’unica erede del platonismo interpretato da Plotino era stata Ipazia e un’altra testimonianza proviene da Damascio, che scrive:

“di natura più nobile del padre, non si accontentò del sapere che viene attraverso le scienze matematiche a cui era stata introdotta da lui ma, non senza altezza d’animo, si dedicò anche alle altre scienze filosofiche. La donna, gettandosi addosso il mantello e uscendo in mezzo alla città, spiegava pubblicamente a chiunque volesse ascoltarla Platone o Aristotele o le opere di qualsiasi altro filosofo”.

Ipazia e la società

Un altro elemento che viene sottolineato dalle fonti antiche è il pubblico insegnamento esercitato da Ipazia verso chiunque volesse ascoltarla: sappiamo infatti da varie fonti dei suoi contemporanei che Ipazia non aveva nessun problema a condividere il suo sapere con qualsiasi persona del popolo pronta ad apprendere da lei, ricca o povera che fosse, ed era molto amata per questo dalla popolazione. Ciò le conferiva una grande autorità. Così scrive Socrate Scolastico:

A causa della sua straordinaria saggezza e gentilezza tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale”.

Fa eco Damascio:

Poiché tale era la natura di Ipazia, era cioè pronta e dialettica nei discorsi, accorta e politica nelle azioni, il resto della città a buon diritto la amava e la ossequiava grandemente e i capi, ogni volta che si prendevano carico delle questioni pubbliche, erano soliti recarsi prima da lei”.

Non solo il popolo dunque la venerava, ma anche molte delle autorità della città.

Sappiamo inoltre che Ipazia non si sposò mai ad un uomo in quanto diceva di essere già “sposata alla verità”.

Molto importante per la sua formazione culturale fu un viaggio compiuto ad Atene, dove si aggregò alla scuola teosofica di Plutarco.

Ipazia era dunque una donna forte e generosa, capace di farsi ascoltare senza temere nessuno, in quanto lei asseriva di parlare solo per la Verità. A questo proposito va rilevato che quando Ipazia cominciò a insegnare, nell’ultimo decennio del IV secolo, ad Alessandria erano appena stati demoliti i templi dell’Antica Religione per ordine del vescovo Teofilo, una demolizione che simboleggiava la volontà di distruzione di una cultura alla quale anche Ipazia apparteneva e che ella era intenzionata a difendere e a diffondere attraverso i suoi insegnamenti.

Una donna così forte, influente, che rimase sempre se stessa senza piegarsi di fronte a nessuno, che credeva fermamente in ciò che pensava, grazie ai suoi ideali a cui prestò tutta se stessa e per i quali combatté, iniziò a costituire nella mente di alcuni uomini votati al cristianesimo un enorme problema da eliminare ad ogni costo.

Una macchia indelebile sul cristianesimo

Il cristianesimo, che cessò d’essere perseguitato con l’editto di Costantino nel 313, diventando religione di stato con l’editto di Teodosio nel 380, iniziò a sua volta a perseguitare nel 392, quando furono distrutti i templi dedicati agli Dei antichi e bruciati i libri pagani.

Ipazia intuiva nel cristianesimo soprattutto il fanatismo e la violenza, in quanto il vescovo Teofilo aveva fatto distruggere, oltre a vari monumenti della civiltà greco-orientale, anche il famoso tempio di Serapide e l’annessa biblioteca. Altri templi invece furono cristianizzati come per esempio il tempio di Dioniso.A

Alla morte del vescovo Teofilo nel 412 salì sul trono episcopale di Alessandria il fondamentalista Cirillo. In soli tre anni il predicatore della “religione dell’amore” riuscì a fomentare l’odio contro gli ebrei, costringendoli all’esilio e trasformando tutte le sinagoghe presenti in chiese cristiane. Servendosi di un braccio armato costituito da monaci combattenti sparse il terrore nella città e arrivò a ferire il governatore Oreste. Ma la sua vera vittima sacrificale fu Ipazia, il personaggio culturale più noto della città.

I monaci combattenti al servizio del vescovo Cirillo erano un gruppo di parabolani, estremisti cristiani e massacratori di pagani. E non è un modo di dire, visto che i parabolani erano una sorta di squadroni della morte, costituiti da gente che girava per le strade della città armata di bastoni a picchiare a sangue chiunque odorasse di eresia. Assetato di potere, spietato e corrotto, Cirillo si servi più volte dei loro manganelli, ed infatti, oltre al massacro di Ipazia, nel 451 per esempio, al Concilio di Efeso, li usò per far picchiare a morte alcuni vescovi siriani che potevano essergli contrari.

Una donna forte, razionale e religiosa come Ipazia, costituiva un problema troppo evidente al fanatismo di Cirillo e di molte altre persone e infatti lo stesso Cirillo, che mal sopportava la predicazione pagana di Ipazia, divenuta ad Alessandria la rappresentante più qualificata della filosofia ellenica, si convinse che l’ostacolo maggiore al suo fanatismo fosse proprio lei e fu così che decise di eliminarla.

Il filosofo pagano Damascio, indica infatti che l’omicidio fu progettato dal vescovo Cirillo e scrive:

“si rose a tal punto nell’anima che tramò la sua uccisione, in modo che avvenisse il più presto possibile, un’uccisione che fu tra tutte la più empia”.

Damascio e Socrate Scolastico sottolineano la brutalità dell’omicidio.

Damascio scrive:

una massa enorme di uomini brutali, veramente malvagi […] uccise la filosofa […] e mentre ancora respirava appena, le cavarono gli occhi”.

E cosi scrive Socrate Scolastico:

Tiratala giù dal carro, la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario; qui, strappatale la veste, la uccisero usando dei cocci. Dopo che l’ebbero fatta a pezzi membro a membro, trasportati i brani del suo corpo nel cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni traccia bruciandoli”.

Aggredita per strada da un gruppo di monaci nel marzo del 415, Ipazia fu trascinata nella chiesa costruita sul Cesareion, e lì venne uccisa brutalmente, scarnificata con conchiglie affilate, smembrata e bruciata in un luogo detto Cinarion. Oreste denunciò il fatto a Roma, ma Cirillo dichiarò che Ipazia era sana e salva ad Atene. Dopo un’inchiesta, il caso venne archiviato per mancanza di testimoni e si stabilì solamente di porre le squadre di monaci violenti presenti in Alessandria sotto la sorveglianza dell’autorità imperiale.

Nota bene: storicamente parlando si ignora la data esatta della sua morte: sappiamo solo che è avvenuta a marzo del 415 d. C., durante la quaresima. La scelta odierna di farla coincidere con la giornata internazionale della Donna è simbolico.

Vale la pena di soffermarsi sul vescovo Cirillo. In cambio di tutti i suoi atti feroci e terribili e della sua estrema crudeltà, fu fatto santo e persino “dottore della Chiesa”, un titolo che la Chiesa cattolica attribuisce a personalità religiose che hanno mostrato nella loro vita e nelle loro opere particolari doti di illuminazione per la dottrina cattolica, sia per fedeltà sia per divulgazione o per riflessioni teologiche.

Questa è la storia di Ipazia di Alessandria, una martire, vittima dell’ignoranza, del fanatismo e della paura.

Quando ti vedo mi prostro, davanti a te e alle tue parole,vedendo la casa astrale della Vergine,infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo attoIpazia sacra, bellezza delle parole,astro incontaminato della sapiente cultura”.

(Pallada)

Hypatia, di Charles William Mitchel

Fonti:
L’altra della filosofia. Antologia del pensiero delle donne, Morselli Graziella, Armando Editore, 2003
Le filosofe. Le donne protagoniste nella storia del pensiero, De Martino Giulio e Bruzzese Marina, Zanichelli, 1994
Ipazia vita e sogni di una scienziata del IV secolo, Adriano Petta e Antonino Colavito, La Lepre Edizioni, 2009
Ipazia e la notte, Contini Caterina, Longanesi, 1999
Enciclopedia Garzanti di filosofia, Redazioni Garzanti, 1981
Morte a Ipazia! , Focus Storia n. 34
Wikipedia

Testo di Morgana Marco Vettorel. Vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell’autore.

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