Samhain, Tempo del Passaggio della Soglia
Il freddo diventa più pungente, le notti più lunghe. I campi sono mietuti e, il vento che soffia su di loro, porta ai nostri sensi diverse sfumature di profumi e odori, tra cui quello di legna bruciata.
Ovunque regna un senso di morte apparente. Anche gli alberi, spogli e scheletrici, così come i tappeti di foglie secche, rievocano col loro aspetto (e suono) le ossa degli antenati.
È il tempo della fine dell’estate e dell’inizio dell’inverno, la stagione dell’oscurità da cui ha origine il nuovo.
Questo è il momento della Discesa, della Dea Crona e Oscura, il periodo liminale per eccellenza in cui il velo che separa i mondi si dissolve, permettendo ai defunti di tornare sulla terra.
La tradizione cristiana si è appropriata di tutto ciò e l’ha ribattezzata come Ognissanti mentre, quella popolare, l’ha chiamata Halloween: una celebrazione con origini europee, di tutta Europa, e le cui tradizioni si ritrovano anche nelle diverse regioni italiane (dunque non è un’invenzione americana, ma una tradizione che è stata importata dai coloni europei, e soprattutto dagli immigrati irlandesi, nel corso del tempo).
SAMHAIN
Presso le popolazioni celtiche questo momento dell’anno era conosciuto come Samhain (pronuncia “sow-in”), che deriva dal gaelico antico “Sam Fuin” e significa “fine dell’estate” (la festa era conosciuta anche come Samonios, così chiamata dai celti insubri del Nord Italia).
I celti dividevano l’anno in due parti, o meglio, in due sole stagioni: Geimredh che iniziava a Samhain (e rappresentava la parte oscura dell’anno), e Samradh che iniziava a Beltane (rappresentando invece la parte luminosa dell’anno).
Il calendario celtico era ben diverso da quello attuale e, dalle fonti in nostro possesso sappiamo che, nell’Età del Ferro intorno al VI secolo a.C., Samhain era calcolato sulla levata eliaca di Antares, la stella più luminosa della costellazione dello Scorpione (la levata eliaca di una stella indica il fenomeno del sorgere dell’astro esattamente all’alba, trovandosi al di sopra dell’orizzonte soltanto nelle ore diurne).
Oggi giorno, con l’evoluzione dei calendari e dell’uomo stesso, Samhain coincide con la luna nuova nel segno dello Scorpione, anche se tutti accettano il 31 ottobre/1 novembre come data ufficiale.
Siccome per gli antichi celti tutto nasceva dall’oscurità, anche l’anno iniziava con la sua parte oscura, l’inverno, così come il giorno iniziava con le ore notturne.
Per questo motivo la festa di Samhain rappresentava anche il capodanno celtico: la fine di un ciclo, e l’inizio di quello nuovo. Dalla morte germogliava il seme della nuova vita.
Nella tradizione celtica il giorno che segna la fine di un ciclo e l’inizio di un altro, non appartiene a nessuno dei due ma è un “tempo oltre il tempo”.
In diverse culture e tradizioni tutti i confini (siano essi spaziali o temporali) hanno un significato magico-sacrale, come per esempio gli incroci, che siano crocevia o trivi, ma anche spiagge, cimiteri oppure orari e momenti della giornata (per esempio la mezzanotte, l’alba e il tramonto).
Questi luoghi e tempi liminali sono realtà fuori dal tempo, in cui si concentrano tutte le energie dell’universo (luminose e non) perché si può, attraverso essi, entrare nell’altro mondo così come i suoi abitanti possono irrompere nel nostro mondo.
Il momento in cui una stagione cede alla successiva è particolarmente rilevante da questo punto di vista.
Samhain era il più importante di questi momenti di passaggio perché segnava la fine (e l’inizio) di un anno, per questo motivo un momento davvero critico: una traversata fra la nostra realtà e altre dimensioni, in cui il passato, presente e futuro s’incontravano e annullavano a vicenda.
A differenza delle altre feste, che rappresentano anche loro un inizio e una fine al tempo stesso, Samhain era considerato il momento più speciale in cui il “velo” che separava i mondi e le dimensioni si sollevava, e i vivi potevano visitare il mondo dei morti, così com’era possibile che gli spiriti dei morti tornassero sulla terra per fare visita ai viventi.
Favorito dal clima psicologico della stagione (che incoraggiava l’essere umano a rivolgere lo sguardo verso la propria interiorità), dall’inverno e dunque dalla morte apparente della natura, e dalla possibilità di avvicinare altre dimensioni dell’esistenza, Samhain era un momento in cui si festeggiava la vita nella morte, con una celebrazione che non aveva nulla di triste, quasi a ricordare che ogni fine è un inizio.
Samhain era l’inizio, perché la morte era intesa come un fenomeno naturale che precedeva ogni nuova nascita.
Era un momento di raccoglimento, non solo personale, d’introspezione, ma anche con i cari defunti che tornavano sulla terra e con il clan e i propri familiari.
I celti celebravano questo momento in maniera solenne, con banchetti e feste che potevano durare anche una settimana intera, in cui condividere cibo e offerte con i defunti per accoglierli nuovamente a casa. Alla base di ciò c’era anche una ragione pratica: in questo periodo il bestiame era radunato nelle stalle e, in base alle scorte di foraggio, si macellavano tutti i capi in eccesso.
Samhain per di più era la festa che celebrava la fine dell’ultimo raccolto dell’anno: la natura si fermava e bisognava aver raccolto in tempo tutto quello che madre natura aveva da offrire, soprattutto nocciole e mele (frutto sacro presso molte tradizioni, legato all’aldilà e alla magia). Quello che rimaneva nei campi, che non si riusciva a raccogliere prima del Samhain, diventava di proprietà degli spiriti e dunque pericoloso da prendere.
Il ritorno degli spiriti sulla terra metteva in moto una serie di riti ben precisi non solo per accogliere i cari defunti, ma anche per esorcizzare quelli molesti o del popolo fatato.
Questo perché, come accennato in precedenza, gli antichi non avevano paura dei propri morti e nemmeno della morte stessa, che era percepita e vissuta come un momento naturale della vita, un rito di passaggio che non andava temuto.
Oltre ai banchetti con offerte per i defunti (che nel corso del tempo darà origine all’odierno “dolcetto o scherzetto”), tra i vari riti di accoglimento dei morti, troviamo l’usanza antica di ricavare lanterne con volti grotteschi da ortaggi vari, in particolar modo barbabietole e rape, per illuminarle dall’interno ed esporle fuori dalle porte di casa. In questo modo s’indicava la via di ritorno ai propri defunti e, al tempo stesso grazie al loro volto mostruoso, si esorcizzavano e tenevano lontani gli spiriti molesti. Da questa tradizione, col passare dei secoli e con i coloni che arrivarono nel Nuovo Mondo, arriva a noi la tradizione odierna di intagliare e illuminare le zucche (ortaggio che sostituì subito le rape per la sua maggiore comodità).
Tramite la tradizione appena descritta, si può comprendere come anche a Samhain, così come durante le altre feste celtiche, il fuoco rivestiva un ruolo importante, considerato come simbolo della scintilla della vita futura che rifiorirà in primavera. Il fuoco di Samhain era non solo un elemento che assicurava protezione dal freddo dell’inverno, ma anche un faro e una guida per i defunti che, tramite la sua luce, potevano andare o tornare nel loro luogo di riposo.
Un’altra tradizione giunta sino a noi, è quella del travestirsi. Per spaventare e per confondersi tra gli spiriti che vagavano sulla terra durante il Samhain, soprattutto da quelli molesti, i celti usavano indossare pellicce e maschere, così da nascondersi ai loro occhi e proteggersi.
Come già accennato, favorito dal clima psicologico della stagione e dalla necessità d’introspezione e discesa in se stessi, Samhain era anche il tempo più favorito per praticare l’arte della divinazione, anzi era quasi una necessità a causa dell’angoscia provocata dall’approssimarsi dell’inverno con le sue durezze.
DA SAMHAIN A HALLOWEEN
Anche a Roma si tenevano, proprio in questo periodo, diverse festività in onore dei defunti e della stagione. Ciò non deve sorprendere: molti studiosi teorizzano come la festa celtica del Samhain sia in realtà una festa più antica, indoeuropea, presente in tutta Europa con nomi diversi in base alle lingue.
Tra le feste principali tenute a Roma, troviamo il Mundus Patet. Celebrato il 24 agosto, il 5 ottobre e l’8 novembre (dunque il periodo della discesa), era una festa in cui si apriva il Mundus, cioè una cavità ipogea dove risiedevano i Mani, gli spiriti dei defunti alberganti nell’Aldilà. Quando era aperto, solo in questi singoli giorni, si credeva che gli spiriti potessero tornare tra i vivi, dunque era sospesa ogni attività e ci si concentrava solo a portare offerte ai morti.
Un’altra festa, che sicuramente ha portato all’odierno Halloween, riguarda quella dedicata al dio Vertumno, divinità della vegetazione e del raccolto autunnale, in cui si celebrava il cambiamento di stagione. Il dio è sempre citato insieme alla dea Pomona, Signora dell’abbondanza, dell’ultimo raccolto soprattutto dei frutti di questa stagione (tra cui le mele).
Oltre a queste c’erano altre festività, come per esempio la celebrazione della morte di Osiride, Inventio Osiridis, festeggiata a Roma proprio a fine ottobre/inizio novembre.
Quando a un certo punto della storia, celti e romani sono entrati in contatto tra scambi bellici ma anche commerciali, culturali, ecc ecc…tutte queste feste si sono incontrate.
Come già detto, la presenza in tutta Europa di feste legate ai defunti verso la fine di ottobre e l’inizio di novembre, dimostra l’esistenza di un’antenata comune.
Con l’arrivo e lo sviluppo del Cristianesimo, e i suoi tentativi di sostituirsi alla religione precedente, la Chiesa ha preso la sua festa dei morti e l’ha posizionata al 13 di maggio, giorno in cui a Roma si celebravano i Lemuria, la festa dei morti, così da soppiantarla.
In seguito, accortasi che il più delle celebrazioni dedicate ai morti in tutta Europa, si tenevano tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, la Chiesa ha deciso di spostare la propria festa al primo novembre, trasformandola nella festa di tutti i santi (Ognissanti) e rafforzando la sua idea istituendo il due novembre la festa dei morti, così da demonizzare e ridicolizzare le credenze precedenti di quel periodo.
Nelle isole britanniche però, è andata diversamente: le feste preesistenti e quelle nuove hanno imparato a coesistere dando origine a “all hallow eve”, in altre parole la “vigilia di tutti i santi”, in seguito contratto in Halloween!
Si è preso ciò che c’era in precedenza, adattandolo e modernizzandolo.
Tutti questi passaggi storici hanno portato in Italia, a causa anche della frammentarietà regionale, ad avere nomi diversi per pratiche e tradizioni identiche a quelle dell’odierno Halloween. È cosi che troviamo per esempio la notte delle lumere in Lombardia e Veneto, su mortu mortu in Sardegna, fuuc acost in Puglia, e tanti altri nomi diversi in ogni regione o addirittura paese in Italia.
Troviamo anche l’usanza di intagliare zucche, fare questue, accogliere i defunti, sempre con nomi diversi in base alla regione o comune. Tutte queste tradizioni sono rimaste vive, per lo più nelle campagne, fino agli inizi degli anni 30/40 quando, per motivi sociologici e non solo, la popolazione si è spostata sempre più nelle grandi città, dimenticando le proprie tradizioni.
Grazie ad Halloween, che non ha nulla di americano, nemmeno il nome, molti stanno riscoprendo le proprie radici e quante cose abbiamo in comune.
Testo di Morgana Marco Vettorel per il Tempio della Grande Dea Serpente-Hekate e Athena. Vietata la riproduzione, anche parziale, senza consenso dell’autrice.
Grazie a Copylota per la revisione dell’articolo.