L’idealizzazione della natura
“Sono così bella che mi perdoni tutto
Sono così bella che sono sempre nel giusto
Sono così bella, non posso farti del male
Sono così bella, di una bellezza letale” (Contronatura, Caparezza)
Talvolta nelle varie tradizioni neo-pagane, in una spiritualità più legata alla natura, si tende a idealizzare quest’ultima, a vederla come “buona” e gli animali divengono “migliori delle persone”. Questo perché facciamo fatica a non dividere tutto in categorie divisive e oppositive tra loro, e, nel farlo, applichiamo un metro di giudizio prettamente umano e soggettivo. È lo stesso errore che agli albori dell’antropologia facevano gli studiosi cercando di interpretare usi e tradizioni di altre società umane attraverso i propri schemi mentali.
Nel neo-paganesimo talvolta si cade nello stesso comportamento: si idealizza la natura in base ai propri standard, ci convinciamo che ogni essere vivente provi sentimenti umani, che le mutazioni genetiche siano “decise” dall’individuo/essere e che ci sia sempre una motivazione superiore per certi avvenimenti dimenticandoci che il caso e il caos sono una componente dell’universo.
Possiamo, però, collegarci alla “Ipotesi Gaia” di James Lovelock (chimico e ricercatore ambientalista) secondo la quale il nostro intero pianeta sarebbe da considerare come un mega-organismo. Allora ecco che ogni organismo vivente e ogni componente inorganica agiscono con inconsapevole sinergia, influenzandosi a vicenda mantenendo così il pianeta in un equilibrio dinamico in continuo divenire.
Ecco, noi siamo parte di questo equilibrio, noi influenziamo e siamo a nostra volta influenzati da ciò che ci circonda, siamo co-creatori della realtà in cui viviamo. Imparando a sacralizzare il nostro approccio verso il mondo torneremo ad avvertire questo legame e ci opereremo attivamente per prendercene cura, senza bisogno di idealizzazioni o sovrascritture.
Nicla Dell’Edera